Alla scoperta dell’India – quarto episodio


Alla scoperta dell’India – quarto episodio

Nel 2002 il giovane Andrea Arci partiva alla volta dell’India in un viaggio di scoperta di un paese senza limiti e dai confini precari. Riviviamo insieme le tappe di questo periplo  fra mondo ideale e realtà. Ogni domenica un nuovo episodio.

(c) Andrea Arcidiacono, tutti i diritti riservati 4/12

I corsi si svolgono in una casa privata che offre corsi di lingua, cucina ed informatica. Dopo una breve conversazione sono ammesso ad un corso accelerato di tre giorni con l’obiettivo di imparare a cucinare una decina di pietanze indiane. Il ritmo delle lezioni è rilassato. Si inizia sempre con un tè al limone accompagnato da un paio di biscotti. Nel frattempo alcuni potenziali allievi si presentano in casa dell’insegnante. C’è una ragazza che non vuole imparare a cucinare, ma unicamente a tagliare e pelare le varie verdure. Nella sala accanto alla cucina un’altra allieva segue corsi di giapponese, poiché accompagna il marito che lavora in terra nipponica. Assisto pazientemente alla preparazione dei piatti: dai gamberetti con una salsa alle spezie alle patate ripiene e al famoso chapati, una varietà di pane senza lievito che accompagna fedelmente i piatti indiani. Dopo una lunga attesa ho il privilegio di consumare le pietanze preparate al corso. Il figlio dell’insegnante – che aveva dato gli ultimi esami della scuola commerciale– mi bombarda con una serie di domande riguardanti la professione, lo stato civile e le ragioni del mio viaggio. È difficile porre un freno a questa fiumana di curiosità. Rispondo in modo breve e rilancio a mia volta la conversazione con una serie di domande. Sono appena passate le nove e faccio ancora in tempo a prendere il metrò per ritornare in centro.

Pesci fuor d’acqua

All’uscita del metrò ritrovo alcune presenze familiari, come l’uomo dal braccio monco che giace prono con la schiena madida di sudore. Durante il giorno muove il moncone sinistro per attirare l’attenzione dei passanti che gettano alcune rupie sul suo lenzuolo. Mi sembra talvolta un pesce fuor d’acqua che muove con abilità la sua pinna spezzata per nuotare e sopravvivere nel mondo della strada. In questo misterioso paese tutti sono pesci fuor d’acqua che inventano ogni giorno un nuovo modo di nuotare, anche quando non c’è acqua.  Ma in India la scarsità d’acqua non è solo un’immagine retorica. È un bene raro, prezioso che bisogna andare a cercare fuori casa. Seduto in un caffè internet per sbirciare nella posta elettronica alzo un attimo lo sguardo e dall’altro lato della strada osservo alcune donne che pompano l’acqua dal pozzo e la raccolgono in luccicanti vasi d’ottone. Attorno alle diverse pompe idrauliche le persone si ritrovano per fare scorta del prezioso liquido, bere e lavarsi nell’”intimità” della strada. Dal mercato a cielo aperto alla doccia a cielo aperto.  In questa zona di Calcutta non sembrano esserci problemi d’approvvigionamento idrico. È difficile tuttavia essere obiettivi, poiché il turista è raramente messo a confronto con la mancanza d’acqua. In ogni spaccio è infatti possibile acquistare per dieci, quindici rupie un litro d’acqua minerale di differenti marche.

La preziosa acqua

In altre zone dell’India la carenza d’acqua è ben visibile: fiumi in secca, terreni aridi e prosciugati dal sole, ed anche manifestazioni di protesta per accedere all’oro blu. Anche in posti impensabili, come a Bangalore, che è una delle città più moderne e sviluppate dell’India grazie anche all’abilità degli indiani nelle nuove tecnologie informatiche. Quella mattina d’aprile si erano infatti radunate nei pressi dell’agenzia idrica un centinaio di persone, in maggior parte donne che erano venute da un quartiere distante una decina di chilometri dal centro di Bangalore. Protestavano davanti alla sede principale a causa della mancanza cronica d’acqua che le costringeva a lunghe code davanti ai pozzi senza la garanzia di ricevere la razione necessaria per appagare i bisogni quotidiani. Una manifestazione tranquilla, alle quali le donne del quartiere avevano partecipato nella speranza di spingere i responsabili dell’agenzia idrica ad intraprendere i passi necessari a completare la rete di distribuzione dell’acqua. Per un attimo il corteo riuscì ad impedire alle moderne automobili dai vetri opachi – nel quale erano comodamente seduti i responsabili dell’agenzia idrica – di varcare la soglia della sede principale. La polizia vigilava in modo discreto e ad intervalli regolari nuove pattuglie venivano a dar man forte al cordone d’agenti che circondava i manifestanti.

La forza della comunità

Terminata la manifestazione le donne presero posto su alcuni camion che le attendevano per riguadagnare la via del villaggio. Senza violenza, con grande coraggio e serenità. Un unico fuscello può essere spezzato con le mani senza problemi, ma non riesci a piegare e rompere un mazzo di fuscelli, mi spiega un indiano loquace incontrato durante la manifestazione. Una lezione di dignità e di forza della comunità in un paese pieno di contraddizioni, nel quale non c’è nulla di scontato e di acquisito in modo definitivo. Mi preparo di nuovo a partire dopo un’intensa settimana a Calcutta. La prossima tappa è una meta agognata, attesa e sognata da molto tempo: Varanasi o Benares, una delle sette città sacre per gli indù con la madre di tutti i fiumi, il maestoso Gange, pronta a liberare i devoti dal ciclo delle continue reincarnazioni.

(c) Andrea Arcidiacono, tutti i diritti riservati 4/12 – continua

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