6. Februar 2022
Alla scoperta dell’India – terzo episodio
Nel 2002 il giovane Andrea Arci partiva alla volta dell’India in un viaggio di scoperta di un paese senza limiti e dai confini precari. Riviviamo insieme le tappe di questo periplo fra mondo ideale e realtà. Ogni domenica un nuovo episodio.
(c) Andrea Arcidiacono, tutti i diritti riservati 3/12
Ritrovo pure il piacere d’intavolare una discussione con il turista australiano. Da un paio di giorni sono incuriosito dalla medaglia di bronzo che porta al collo. Tasto un attimo il terreno, mi lancio e gli chiedo il significato di questo misterioso ciondolo, nel quale risalta il numero otto. Mi spiega che l’ha ricevuta in dono da un amico che fa parte di un’associazione, di cui non può rivelare il nome. Ogni anno riceve un nuovo amuleto con un numero in più a condizione di essere riuscito a rispettare le regole dell’associazione. Fra un paio di settimane avrebbe ricevuto una nuova medaglia con il numero nove. Una semplice medaglia d’ottone numerata dal profondo significato: da quasi nove anni il viaggiatore australiano era riuscito a smettere di bere e drogarsi. Un grande risultato ottenuto grazie all’appoggio della famiglia e della rete di contatti fornita dall’associazione, che conta adepti in tutto il mondo e quindi anche a Calcutta. M’illumino e capisco anche perché il compagno di viaggio è spesso assente. Un paio di volte alla settimana s’incontra infatti con i membri bengalesi dell’associazione per scambiare le proprie esperienze e tracciare un bilancio della giornata.
Le donazioni
La sera successiva sono invitato a cena dalla famiglia di uno dei membri dell’associazione. Una famiglia molto ospitale e gentile che mi accoglie in modo aperto e semplice. Iniziamo una discussione sui venditori ambulanti ed i mendicanti che popolano Calcutta. Il giudizio di Maurice, proprietario di una tipografia, è molto severo: consiglia di dare unicamente alle persone con handicap fisici e di essere molto accorti con le donazioni ad associazioni ed enti vari. È pure scettico nei confronti delle varie istituzioni legate a madre Calcutta, poiché ritiene che solo una parte minima dei soldi sia utilizzata direttamente per soddisfare i bisogni dei più poveri. I vestiti di seconda mano raccolti nei paesi ricchi sono spesso rivenduti e non giungono quindi a destinazione. Sono perplesso e gli chiedo allora, in che modo è disposto ad aiutare le persone più bisognose. Mi risponde con l’esempio di una coppia di medici australiani che alcuni anni fa aveva acquistato duecento giocattoli distribuiti in seguito direttamente ai bambini dell’orfanotrofio per evitare che una donazione in moneta sonante venisse destinata a scopi meno nobili.
Gli racconto l’esperienza della sera precedente. Una signora con un bambino mi si era incollata alla schiena e mi chiedeva insistentemente un’offerta in denaro. Rifiutai gentilmente l’invito e prontamente mi propose di comprare del latte in polvere per il bambino. Risposi ancora una volta picche. Decisi allora di invitarli a cena in un ristorante all’aperto situato in una stradina laterale del quartiere turistico. Attendevo con impazienza il commento dell’arguto Maurice che approvò la mia scelta. Spiegò infatti che solitamente il latte in polvere ritorna al mittente. Viene infatti restituito al venditore che trattiene una piccola commissione e distribuisce il resto dei soldi al mendicante di turno. Se il ragionamento dell’amico indiano viene portato agli estremi, allora non ha alcun senso l’intervento delle organizzazioni internazionali, poiché la maggior parte dei soldi rischia di perdersi nelle sabbie mobili della burocrazia e solo una parte minima può alleviare le pene dei miserabili.
L’ingenuo idealista
È difficile districarsi nel labirinto della povertà. Non ci sono ricette miracolo, ma credo che ogni gesto sia importante per cercare di smorzare le centinaia di migliaia di focolai accesi dalla miseria. A cuore aperto mi dico infine che gli stratagemmi per spillare soldi ai turisti sono in fondo destinati alla sopravvivenza quotidiana. Tendo in modo vano di conciliare il realismo indiano con l’ingenuità idealista occidentale. Sono contento di aver contribuito con una piccola goccia a lenire il dolore nell’oceano della desolazione. Ognuno di noi è chiamato in causa. Ognuno di noi può trovare la sua India. Sull’uscio di casa. A migliaia e migliaia di chilometri. Nel proprio intimo. È necessario imparare di nuovo a donare, scavalcare i recinti della razionalità e abbattere i muri dell’indifferenza. Gli amici dell’associazione sono pronti a partecipare ad una nuova seduta. Rientro all’albergo. La scala in legno è coperta da un tappeto strappato e dai colori sbiaditi. Ad un tratto uno scarafaggio grande come una scatola di fiammiferi fa la sua apparizione. Nella moderna e pulita metropolitana non c’è invece l’ombra di uno scarafaggio. Sembra di entrare in una navicella spaziale pulita e silenziosa. I mendicanti, i venditori ambulanti e la stragrande maggioranza della popolazione non appartengono a questo mondo sotterraneo dalle pareti ovattate riservato alla classe media e a chi può permettersi di pagare il biglietto del metrò, come i turisti provenienti da Occidente. Lo utilizzo un paio di volte per raggiungere in modo comodo e rapido la scuola di cucina situata nella parte meridionale di Calcutta.
(c) Andrea Arcidiacono, tutti i diritti riservati, 3/12 continua

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